giovedì 27 novembre 2025

Come restare umani nell’era dell’automazione e dell’intelligenza artificiale

 La mia sensazione è che a livello generale, tutti ci sentiamo superati dall’intelligenza artificiale, e se non lo sembra, è perché non tutti ci pensiamo spesso.


Ma se ci fermiamo a riflettere, vediamo che, per quanto bravi possiamo essere nel nostro lavoro o nelle nostre passioni, non potremo mai competere con una macchina o un computer.

La macchina sarà sempre più precisa, più esatta, più geniale, più rapida e più in gamba di noi.

Noi però abbiamo un vantaggio che la macchina non potrà mai uguagliare, la nostra umanità. Siamo umani e quindi genuini, e nessuna intelligenza artificiale potrà essere mai umana e quindi, di conseguenza, neanche naturale, genuina, autentica.

Se dividessimo il lavoro che fa un computer in due grandi funzioni, quella di calcolare e quella di creare, tutti diremmo che nel calcolo siamo evidentemente superati. Ma nella creazione, invece, nelle idee e nella produzione artistica, in quella non lo siamo. Perché qualsiasi opera artistica ( e con questo voglio includere anche quelle più semplici, come una poesia) esprime chi siamo, quello che vogliamo far risaltare di noi e quello che vogliamo nascondere. Quindi l’intelligenza artificiale non potrà mai arrivare ad essere umana, ed è quello il nostro vantaggio, non siamo replicabili.

Sono sicura che più di qualcuno, tra un libro scritto dall’Intelligenza artificiale, e quello scritto da una persona come noi, sceglierebbe quello scritto da un essere umano, perché raccoglie la sua storia, quello che ha imparato, quello che pensa della vita, come la affronta attraverso il racconto dei suoi personaggi. Io stessa sono la prima che sceglierei l’arte fatta da un essere umano, perché attraverso l’arte, la sua personalità, che è diversa da qualsiasi altra, riesce ad emergere.

Forse è proprio il caso di dire che l’arte ci salverà, come sta già facendo. Quando siamo tristi e le cose vanno male ci mettiamo a creare qualcosa e ci passa tutto.

 Se vi piace l'originalitá, allora siete nel posto giusto con me: nel mio romanzo Le Statue di Ebano parlo della mia storia pazza di volontariato autonomo in Africa, nel quale la creazione e l'originalitá sono stati sicuramente un aspetto importante. Tutti siamo creatori della nostra vita, tutti creiamo e tutti siamo chiamati a risolvere i problemi che si presentano in un modo originale, sicuramente solo nostro. Se vi fa piacere , scrivetemi, anche solo per scambiare delle idee.    vocidafrica@gmail.com 

 

giovedì 20 novembre 2025

Volontariato indipendente: libertà o solitudine?

 

Ho più volte considerato come autonomo il mio modo di fare volontariato in Africa, mi sono mossa, cioè, del tutto in modo indipendente, senza l’aiuto o l’appoggio di grandi ONG. E non perché non ne avessi bisogno, mi piacerebbe che questo punto fosse davvero molto chiaro. Mi sarebbe piaciuto sapere di essere appoggiata o , al contrario, di appoggiarmi a una struttura stabile e sicuramente più efficiente di me, come una grande organizzazione senza scopo di lucro. Per anni ho cercato di proporre i miei progetti a diverse ONG, ma non sono mai riuscita a ricevere una risposta positiva: c’era difficoltà nella ricerca dei fondi economici, nell’implementazione del progetto stesso, mancanza di tempo e risorse da parte loro, progetti simili già sviluppati, o perché mi rispondevano dicendo che i miei progetti non erano in linea con il loro modo di lavorare. Ho accettato a malincuore i “NO”, ma rimanevo ogni volta con il desiderio disatteso. E alla fine la frustrazione è stata tanta che sono stata ancora più motivata a cercare dei modi per ovviare ai rifiuti su progetti ideati da me, e che ritenevo e ritengo meritevoli di considerazione. Un modo per sviare l’aiuto esterno è stato partire e viaggiare fino in Africa per cercare una strada, un cammino che ero sicura che prima o poi avrei trovato. Con il tempo, poi, ho cercato l’appoggio economico da altre fonti, e mi sono data da fare in modo diverso.

Da una parte, essere volontaria autonoma mi ha dato tanta libertà per pensare e per muovermi come volevo per raggiungere gli obiettivi che volevo. Se sentivo che in una comunità, per esempio, c’era un forte tasso di gente analfabeta, potevo disegnare un progetto che mi aiutasse ad arrivare al mio obiettivo, l’alfabetizzazione della gente, e potevo anche decidere quali mezzi usare per arrivare a questo obiettivo. Il lavoro di volontariato fatto in una ONG è sicuramente più settoriale e indubbiamente più limitante. La libertà è senz’altro un aspetto molto positivo.

Dall’altra però, toglie sicurezza e stabilità, ti rendi conto che quando le cose vanno male sei da sola a risolverle, e che se il problema è economico, non c’è un fondo che subentra, ma molte volte devi intervenire tu. Il volontariato autonomo, diciamolo,  toglie anche credibilità, perché chi decide di appoggiare economicamente una impresa, molte volte decide sulla base del nome di chi chiede il contributo, e non sulle capacità effettive. Quindi la parte negativa del volontariato autonomo è sicuramente la solitudine che molte volte ho sperimentato.

Se dovessi soppesare gli aspetti positivi e i negativi, non saprei decidermi se rimanere nella libertà o proteggermi con la sicurezza. 

Mi piacerebbe tornare in Africa ancora , e ho fantasticato diverse volte su un altro progetto da seguire. Credo che questa volta, dopo aver tanto battagliato da sola, cercherei un gruppo. Allora non mi sentirei tanto libera come vorrei, ma sicuramente lavorerei più tranquillamente godendomi di più il cammino.


sabato 1 novembre 2025

Cosa ho imparato costruendo una scuola in Africa

 

In questa foto mi vedete nella Mugalula School in Uganda: dopo anni di dedicazione al mio sogno ce l’avevo fatta, ero riuscita a implementare quello che poi si rivelò uno tra i progetti più importanti della mia attività: l’ampliamento di una scuola.



Tutto cominciò quando, nel 2013, andai in Uganda perché avevo conosciuto attraverso la web una associazione locale impegnata nel  miglioramento delle condizioni di vita della comunità. Dopo scambi di mail con il presidente, decisi di andare in Uganda per conoscerlo e per offrire il mio aiuto.

Quell’anno, grazie a quell’associazione, conobbi anche altre persone che sono state fondamentali per me, una di queste è stata Lillian, una donna forte e caparbia che gestiva una scuola per bambini orfani. Non riceveva nessun contributo economico in quanto i bambini vivevano per strada ed erano soli al mondo. Non è assolutamente strano trovare queste realtà in Africa.

Tornata a casa, mi misi a cercare un modo per sostenere Lillian, e trovai una fonte di economica che finanziò quello che volevo implementare nella sua scuola: la costruzione di una sala adiacente alle classi per permettere ai bambini di dormire in letti e materassi e non per terra nelle aule.  La realizzazione del progetto mi impegnò diversi mesi: cercai un architetto e dei muratori che potessero mettere in pratica la mia idea , sotto la supervisione dell’associazione che avevo conosciuto al mio arrivo. Dopo mesi di lavoro andai in Uganda, verificai il lavoro e mi complimentai con tutti loro, in ultimo, misurai la stanza per comprare dei letti e dei materassi per 16 bambini.

Imparai cosí che l’affetto tra le persone aumenta quando si lavora insieme, la fiducia si rafforza e la relazione si stringe. Imparai dalla mia amica Lillian la costanza e la tenacia, le caratteristiche di chi fa della propria vita una missione su questa terra per aiutare gli orfani. È sicuramente un esempio per me e per tantissima gente. Imparai che gli africani hanno un grandissimo potenziale, sono persone forti e capaci, e che con i mezzi giusti possono arrivare molto lontano.

Tutta la mia storia, cosa ho fatto e come, lacrime e momenti di pace, incontri buoni e cattivi, tramonti africani e visite a luoghi cosí belli che parlano, li trovate nel mio libro Le Statue di Ebano, che tratta di una storia vera, la mia, ma che potrebbe diventare anche la vostra. Scrivetemi !!!

 

 

venerdì 24 ottobre 2025

Quando il dare diventa ricevere, il volontariato è davvero solo altruismo?

 

Per spiegare questo concetto mi piacerebbe partire da un concetto che molti affermano, saputo e risaputo, e cioé che l’essere umano è naturalmente spinto a cercare la felicità e a fuggire il dolore. E credo che sia una tra le poche verità indistruttibili: tutti gli animali sono spinti per natura a perseguire il piacere, in quanto associato alla continuazione e alla preservazione della vita e alla sopravvivenza della specie, mentre il dolore è associato alla morte.



L’origine di ogni azione umana ha come obiettivo lo stare bene e la ricerca del benessere, anche se a prima vista sembra il contrario. Qualsiasi atto che a noi può sembrare cattivo, ha in realtà, nella mente di chi lo compie, un valore buono, perché l’intenzione con cui lo si fa è sempre positiva.

Quindi aiutare gli altri non è solo, e banalmente, un atto di amore, ma è anche, e soprattutto , la ricerca della propria felicità. Ci ho riflettuto tante volte, ma non riesco a cambiare idea, io lo vedo anche un atto egoistico, perché persegue prima di tutto la propria felicità, e poi quella degli altri. Non c’è nulla di male se nel fare volontariato ci si sente bene, anzi, solo che credo anche che gli esseri umani si muovano  anche per interesse e che se il volontariato non provocasse una felicità personale, non ci sarebbe molta gente disposta a farlo.

Sono anni che lo faccio, sia in Africa sia qui nel mio quartiere, e credo che se lo lasciassi ne sentirei la mancanza. Ma non credo assolutamente di essere migliore degli altri, perché qualsiasi attività legale, anche quelle che apparentemente non hanno niente a che vedere con l’ambito sociale, apporta qualcosa al mondo. Chi ha una azienda in proprio, per esempio, sta comunque offrendo il suo prodotto agli altri, sta elaborando dei metodi per essere scelto dai clienti, e per essere scelto deve portare dei vantaggi ai clienti. Inoltre, sta guadagnando per mantenere la propria famiglia, e questo, è un atto profondamente altruistico.

Nel mio romanzo Le Statue di Ebano, la mia storia vera di volontariato autonomo in Senegal e in Uganda, affronto questo argomento e cerco anche di ribaltare molte delle teorie che si credono sull’azione di volontariato internazionale. Se ti fa piacere, mettiti in contatto con me, troverai una storia vera di volontariato autonomo in Africa, senza l’aiuto di grandi ONG, una storia che potrebbe diventare anche la tua!

giovedì 16 ottobre 2025

Dietro le quinte della scrittura del mio libro Le Statue di Ebano



Il mio libro è nato in questa stanza, con una finestra aperta alla luce, un computer mini e una scrivania piena di cose. Ai muri alcune foto, qualche disegno…. Oggi voglio raccontarvi cosa c’è dietro ogni pagina

 L’ho scritto tra viaggi, imprevisti e momenti di solitudine. Alcune parti le ho riscritte più di dieci volte. E a volte , quando rileggo una di quelle pagine, mi scende qualche lacrima.

Scrivere Le Statue di Ebano è stato come rivivere tanti anni di volontariato in Senegal e in Uganda, ho dovuto ripassare ogni momento, scegliere ogni parola con rispetto. Ho cominciato a scrivere durante un periodo buio della vita, quando sentivo che solo la scrittura poteva salvarmi. È cominciato senza crederci, non pensavo che l’avrei mai finito, perché scrivevo solo quando avevo tempo, e non avevo uno schema di scrittura predefinito. A volte, per avere più idee,  accendevo una candela e spegnevo la luce. Fissavo il vuoto alla ricerca di ricordi.

Durante gli anni in Africa mi sono occupata di due grandi collettivi: gli adulti (le donne) e i bambini. E con entrambi ho disegnato e implementato i progetti, cercato fondi di finanziamento, organizzando la parte operativa e l’esecuzione degli stessi.

Nel mio libro non parlo solo della parte tecnica del progetto ma anche e soprattutto delle persone che ho conosciuto e della relazione che avevo con ognuno di loro, diversa una dall’altra, come erano diversi loro. Parlo di come svolgono la loro vita quotidiana e non quella che vediamo nei documentari o nei messaggi promozionali delle organizzazioni benefiche, e parlo di come il loro carattere, le loro abitudini e le relazioni che hanno instaurato con me abbiano fatto affiorare i ricordi di quando ero piccola, alcuni conflitti e alcuni episodi molto personali. Una mia amica, che ha letto il libro, un giorno mi sorprese dicendomi che nelle Statue di Ebano mi sono spogliata, ho tolto tutti i filtri, sono arrivata alla mia essenza.

L’Africa non mi ha fatto solo visitare luoghi ed esperienze,  ma mi ha anche fatto viaggiare all’interno della mia anima, per far uscire ciò che di più intimo avevo dentro.

Se deciderete di viaggiare con me, vedrete la parte più semplice e quotidiana dell’Africa, fatta di tanta gente comune. Troverete anche descrizioni di luoghi bellissimi, di safari e giornate dedicate alla scoperta di uno dei continenti più belli del mondo, riflessioni su di me, sulla mia vita, sul mio passato e sul mio futuro.  Contattatemi , vi immergerete nella lettura e vivrete questa avventura con me!!

venerdì 10 ottobre 2025

Cosa mi ha insegnato l'Africa sul TEMPO

 



Durante i miei progetti, mi trovavo sempre a dover fare una battaglia contro il tempo. Se per esempio volevo arrivare all’obiettivo di contribuire alla ricerca di un lavoro per un gruppo di persone, scrivevo una lista di cose da fare, e immancabilmente vedevo, pensavo, consideravo che il tempo che avevo a disposizione era poco, perché non sarei rimasta in Africa una vita intera, ma dopo qualche settimana sarei partita, e la lista di cose da fare era lunghissima…

Questo problema col tempo ce l’ho anche quando sono a casa, vorrei un giorno di 30 ore.

In Occidente a tutti manca il tempo, dobbiamo arrivare in orario dappertutto, essere produttivi, uscire e fare la spesa altrimenti il supermercato chiude, andare a prendere i bambini a scuola altrimenti aspettano da soli, inviare quel certificato che ci è stato richiesto altrimenti arriviamo fuori tempo e la compagnia telefonica non ci rimborsa più….

In Africa il lavoro comincia circa a una certa ora, ma senza pretese di arrivare esattamente a quella, occorre essere produttivi, si, ma senza esagerare. Si puó fare la spesa anche fino a mezzanotte, i bambini vengono a casa da soli da scuola e non serve andare a prenderli, non bisogna mandare nessun certificato perché nessuno controlla mai se la fattura del telefono è corretta o no.  

Quello che vi ho detto è proprio cosí. La vita è strutturata in modo tale che il tempo è un valore poco importante, in quanto non c’è nessuno che giudica, critica, misura. In Africa il tempo è una dimensione che non esiste.

Non sapete quante volte mi sono messa d’accordo con delle persone per vedermi ad una certa ora e quante volte quelle persone non sono arrivate puntuali all’appuntamento. In Africa peró, tanto in Senegal come in Uganda, dove ho avuto modo di verificare i comportamenti, nessuno si lamentava. La gente aspettava pazientemente che quella persona arrivasse, e quella persona che arrivava magari era partita per tempo da casa, ma aveva trovato una miriade di contrattempi durante il tragitto, e ha aspettato. Aspettare con pazienza, un’azione che in Occidente è difficile da riscontrare.

Ora vi aspetterete la classica frase…. Gli africani ci insegnano che è importante vivere la vita senza stress, e che in Occidente abbiamo smesso da anni di farlo perché corriamo sempre. E invece no, non è il messaggio che intendo dare, perché sarebbe troppo scontato. Tutti sappiamo che vivremmo meglio rallentando un po’.

Tanto noi, come gli africani, stiamo valorizzando il tempo: noi perché non ce l’abbiamo, e loro perché vivono con pienezza ogni minuto, senza arrabbiarsi per una dimensione non esiste.

Non siamo abituati a considerare il tempo cosí prezioso come il denaro, peró lo é. E sbagliamo quando non lo consideriamo importante. Quando pensiamo che sia meglio risparmiare soldi che guadagnare tempo. Ed è questo il mio messaggio: noi viviamo la vita, non viviamo  il denaro, e la vita è fatta di minuti. Dobbiamo concentrarci su come vogliamo impiegare il tempo, a chi e a cosa lo vogliamo dedicare, e come. E dovremmo essere capaci di mettere sul piatto della bilancia il tempo e il denaro, per cercare di mediare tra i due. Cosí, tutte le cose che ci sembreranno delle “perdite di tempo”, magari non lo saranno piú, perché “perdiamo questo tempo”, per esempio, per qualcuno che amiamo, per un obiettivo che vogliamo raggiungere, per un futuro migliore domani.

Tutte le mie riflessioni sul tempo le trovate nel mio romanzo “Le Statue di Ebano”, nel quale racconto 20 anni di storia vera, la mia, svoltasi in Africa tra Senegal e Uganda come volontaria autonoma implementando progetti di sviluppo sociale, economico e sanitario. Come sempre, vi lascio l’invito a scrivermi, mi piacerebbe sapere cosa pensate di me, della mia storia e di questo blog !

domenica 28 settembre 2025

Ecco che un giornale parló del mio libro Le Statue di Ebano.......

 Quest'oggi voglio condividere con voi quel giorno in cui uscí, in uno dei giornali della mia provincia, questo articolo che ha annunciato la nascita del mio romanzo.

É stato senz'altro un giorno importante, nessuno scrive mai di me.... :-) Spero vi possiate immergere in questa lettura, corta ma molto esaustiva sulla mia storia vera . Ecco qui l'articolo copiato per voi, e anche la foto (immancabile)

TUTTO QUELLO CHE HO IMPARATO SUL MONDO DELLA COOPERAZIONE

Parte da Selva del Montello e arriva all’Africa, passando per Venezia, Milano e la Catalogna, la Strada di Michela De Marchi, autrice del libro “Le Statue di Ebano, la mia vita in Africa”. La cooperazione internazionale e lo sviluppo di progetti sociali ed economici sono al centro della sua attenzione ormai da molto anni, anche grazie al sostegno economico dell’azienda farmaceutica per cui lavora a Barcellona nel settore amministrativo.

Il titolo del volume, dato alle stampe ai primi di luglio, prende spunto da un episodio specifico.

“Mi trovavo in un mercato e avevo visto alcune statue fatte con quel legno tipico dell’Africa Occidentale: mi piacevano molto (a casa ne ho molte e tante le ho anche regalate) e mi sono messa a negoziare sul prezzo di una che volevo portare a mio padre. Raffigurava una donna e il venditore non voleva cedere su un paio di euro, partendo da un valore di 50. Alla fine l’ho spuntata io, mentre un turista normale avrebbe pagato il primo prezzo proposto È stato un episodio significativo, di cui racconto anche nel testo”. Michela, dopo gli studi in economia del Turismo a Ca’ Foscari, si è trasferita a Milano una ventina di anni fa. “È qui che ho visto una locandina che proponeva dei corsi di volontariato in Africa. Quando andavo alle medie mi era rimasta impressa la testimonianza di una cooperante che aveva lavorato in Sudamerica con progetti di  sviluppo e aiuto alle popolazioni locali: allora, nel 1990, non mi sarebbe stato possibile, ma poi ho colto l’occasione e mi sono dedicata anche io alla cooperazione”.

Il riferimento formativo è stato all’interno del movimento umanista, organizzazione internazionale di volontari nata in Argentina nel 1969. “Sono stata una quindicina di volta in Senegal, due volte in Mali e in Uganda. Qui la mia azienda mi ha finanziato un progetto di ampliamento di una scuola, per costruire un dormitorio per bambini orfani: ero in contatto con una mia amica che mi aveva raccontato di come i bambini dormissero per terra. Con poche migliaia di euro abbiamo completato l’opera, di cui ho seguito personalmente il progetto. Ho sviluppato anche un’azienda per il riscatto delle donne che soffrono di albinismo, doppiamente discriminate per la loro malattia”.

Il libro, in forma di romanzo autobiografico, non è la prima esperienza di scrittura per Michela, che collabora con un settimanale catalano, dove cura la pagina dedicata agli stranieri residenti in Spagna. Il ricavato della vendita sosterrà altre iniziative. “Ho in mente un progetto più duraturo per i bambini abbandonati in Senegal”. Il testo si trova nelle cartolibrerie Martini, Brunello e Zanatta di Volpago e anche alla 2M di San Pelaio. “Se dovessi sintetizzarlo, lo definirei come il racconto di tutto quello che ho imparato sul mondo della cooperazione, sulla società africana e la storia con i suoi problemi economico politici attuali” – Mirco Cavallin



Come restare umani nell’era dell’automazione e dell’intelligenza artificiale

  La mia sensazione è che a livello generale, tutti ci sentiamo superati dall’intelligenza artificiale, e se non lo sembra, è perché non tut...