giovedì 16 ottobre 2025

Dietro le quinte della scrittura del mio libro Le Statue di Ebano



Il mio libro è nato in questa stanza, con una finestra aperta alla luce, un computer mini e una scrivania piena di cose. Ai muri alcune foto, qualche disegno…. Oggi voglio raccontarvi cosa c’è dietro ogni pagina

 L’ho scritto tra viaggi, imprevisti e momenti di solitudine. Alcune parti le ho riscritte più di dieci volte. E a volte , quando rileggo una di quelle pagine, mi scende qualche lacrima.

Scrivere Le Statue di Ebano è stato come rivivere tanti anni di volontariato in Senegal e in Uganda, ho dovuto ripassare ogni momento, scegliere ogni parola con rispetto. Ho cominciato a scrivere durante un periodo buio della vita, quando sentivo che solo la scrittura poteva salvarmi. È cominciato senza crederci, non pensavo che l’avrei mai finito, perché scrivevo solo quando avevo tempo, e non avevo uno schema di scrittura predefinito. A volte, per avere più idee,  accendevo una candela e spegnevo la luce. Fissavo il vuoto alla ricerca di ricordi.

Durante gli anni in Africa mi sono occupata di due grandi collettivi: gli adulti (le donne) e i bambini. E con entrambi ho disegnato e implementato i progetti, cercato fondi di finanziamento, organizzando la parte operativa e l’esecuzione degli stessi.

Nel mio libro non parlo solo della parte tecnica del progetto ma anche e soprattutto delle persone che ho conosciuto e della relazione che avevo con ognuno di loro, diversa una dall’altra, come erano diversi loro. Parlo di come svolgono la loro vita quotidiana e non quella che vediamo nei documentari o nei messaggi promozionali delle organizzazioni benefiche, e parlo di come il loro carattere, le loro abitudini e le relazioni che hanno instaurato con me abbiano fatto affiorare i ricordi di quando ero piccola, alcuni conflitti e alcuni episodi molto personali. Una mia amica, che ha letto il libro, un giorno mi sorprese dicendomi che nelle Statue di Ebano mi sono spogliata, ho tolto tutti i filtri, sono arrivata alla mia essenza.

L’Africa non mi ha fatto solo visitare luoghi ed esperienze,  ma mi ha anche fatto viaggiare all’interno della mia anima, per far uscire ciò che di più intimo avevo dentro.

Se deciderete di viaggiare con me, vedrete la parte più semplice e quotidiana dell’Africa, fatta di tanta gente comune. Troverete anche descrizioni di luoghi bellissimi, di safari e giornate dedicate alla scoperta di uno dei continenti più belli del mondo, riflessioni su di me, sulla mia vita, sul mio passato e sul mio futuro.  Contattatemi , vi immergerete nella lettura e vivrete questa avventura con me!!

venerdì 10 ottobre 2025

Cosa mi ha insegnato l'Africa sul TEMPO

 



Durante i miei progetti, mi trovavo sempre a dover fare una battaglia contro il tempo. Se per esempio volevo arrivare all’obiettivo di contribuire alla ricerca di un lavoro per un gruppo di persone, scrivevo una lista di cose da fare, e immancabilmente vedevo, pensavo, consideravo che il tempo che avevo a disposizione era poco, perché non sarei rimasta in Africa una vita intera, ma dopo qualche settimana sarei partita, e la lista di cose da fare era lunghissima…

Questo problema col tempo ce l’ho anche quando sono a casa, vorrei un giorno di 30 ore.

In Occidente a tutti manca il tempo, dobbiamo arrivare in orario dappertutto, essere produttivi, uscire e fare la spesa altrimenti il supermercato chiude, andare a prendere i bambini a scuola altrimenti aspettano da soli, inviare quel certificato che ci è stato richiesto altrimenti arriviamo fuori tempo e la compagnia telefonica non ci rimborsa più….

In Africa il lavoro comincia circa a una certa ora, ma senza pretese di arrivare esattamente a quella, occorre essere produttivi, si, ma senza esagerare. Si puó fare la spesa anche fino a mezzanotte, i bambini vengono a casa da soli da scuola e non serve andare a prenderli, non bisogna mandare nessun certificato perché nessuno controlla mai se la fattura del telefono è corretta o no.  

Quello che vi ho detto è proprio cosí. La vita è strutturata in modo tale che il tempo è un valore poco importante, in quanto non c’è nessuno che giudica, critica, misura. In Africa il tempo è una dimensione che non esiste.

Non sapete quante volte mi sono messa d’accordo con delle persone per vedermi ad una certa ora e quante volte quelle persone non sono arrivate puntuali all’appuntamento. In Africa peró, tanto in Senegal come in Uganda, dove ho avuto modo di verificare i comportamenti, nessuno si lamentava. La gente aspettava pazientemente che quella persona arrivasse, e quella persona che arrivava magari era partita per tempo da casa, ma aveva trovato una miriade di contrattempi durante il tragitto, e ha aspettato. Aspettare con pazienza, un’azione che in Occidente è difficile da riscontrare.

Ora vi aspetterete la classica frase…. Gli africani ci insegnano che è importante vivere la vita senza stress, e che in Occidente abbiamo smesso da anni di farlo perché corriamo sempre. E invece no, non è il messaggio che intendo dare, perché sarebbe troppo scontato. Tutti sappiamo che vivremmo meglio rallentando un po’.

Tanto noi, come gli africani, stiamo valorizzando il tempo: noi perché non ce l’abbiamo, e loro perché vivono con pienezza ogni minuto, senza arrabbiarsi per una dimensione non esiste.

Non siamo abituati a considerare il tempo cosí prezioso come il denaro, peró lo é. E sbagliamo quando non lo consideriamo importante. Quando pensiamo che sia meglio risparmiare soldi che guadagnare tempo. Ed è questo il mio messaggio: noi viviamo la vita, non viviamo  il denaro, e la vita è fatta di minuti. Dobbiamo concentrarci su come vogliamo impiegare il tempo, a chi e a cosa lo vogliamo dedicare, e come. E dovremmo essere capaci di mettere sul piatto della bilancia il tempo e il denaro, per cercare di mediare tra i due. Cosí, tutte le cose che ci sembreranno delle “perdite di tempo”, magari non lo saranno piú, perché “perdiamo questo tempo”, per esempio, per qualcuno che amiamo, per un obiettivo che vogliamo raggiungere, per un futuro migliore domani.

Tutte le mie riflessioni sul tempo le trovate nel mio romanzo “Le Statue di Ebano”, nel quale racconto 20 anni di storia vera, la mia, svoltasi in Africa tra Senegal e Uganda come volontaria autonoma implementando progetti di sviluppo sociale, economico e sanitario. Come sempre, vi lascio l’invito a scrivermi, mi piacerebbe sapere cosa pensate di me, della mia storia e di questo blog !

domenica 28 settembre 2025

Ecco che un giornale parló del mio libro Le Statue di Ebano.......

 Quest'oggi voglio condividere con voi quel giorno in cui uscí, in uno dei giornali della mia provincia, questo articolo che ha annunciato la nascita del mio romanzo.

É stato senz'altro un giorno importante, nessuno scrive mai di me.... :-) Spero vi possiate immergere in questa lettura, corta ma molto esaustiva sulla mia storia vera . Ecco qui l'articolo copiato per voi, e anche la foto (immancabile)

TUTTO QUELLO CHE HO IMPARATO SUL MONDO DELLA COOPERAZIONE

Parte da Selva del Montello e arriva all’Africa, passando per Venezia, Milano e la Catalogna, la Strada di Michela De Marchi, autrice del libro “Le Statue di Ebano, la mia vita in Africa”. La cooperazione internazionale e lo sviluppo di progetti sociali ed economici sono al centro della sua attenzione ormai da molto anni, anche grazie al sostegno economico dell’azienda farmaceutica per cui lavora a Barcellona nel settore amministrativo.

Il titolo del volume, dato alle stampe ai primi di luglio, prende spunto da un episodio specifico.

“Mi trovavo in un mercato e avevo visto alcune statue fatte con quel legno tipico dell’Africa Occidentale: mi piacevano molto (a casa ne ho molte e tante le ho anche regalate) e mi sono messa a negoziare sul prezzo di una che volevo portare a mio padre. Raffigurava una donna e il venditore non voleva cedere su un paio di euro, partendo da un valore di 50. Alla fine l’ho spuntata io, mentre un turista normale avrebbe pagato il primo prezzo proposto È stato un episodio significativo, di cui racconto anche nel testo”. Michela, dopo gli studi in economia del Turismo a Ca’ Foscari, si è trasferita a Milano una ventina di anni fa. “È qui che ho visto una locandina che proponeva dei corsi di volontariato in Africa. Quando andavo alle medie mi era rimasta impressa la testimonianza di una cooperante che aveva lavorato in Sudamerica con progetti di  sviluppo e aiuto alle popolazioni locali: allora, nel 1990, non mi sarebbe stato possibile, ma poi ho colto l’occasione e mi sono dedicata anche io alla cooperazione”.

Il riferimento formativo è stato all’interno del movimento umanista, organizzazione internazionale di volontari nata in Argentina nel 1969. “Sono stata una quindicina di volta in Senegal, due volte in Mali e in Uganda. Qui la mia azienda mi ha finanziato un progetto di ampliamento di una scuola, per costruire un dormitorio per bambini orfani: ero in contatto con una mia amica che mi aveva raccontato di come i bambini dormissero per terra. Con poche migliaia di euro abbiamo completato l’opera, di cui ho seguito personalmente il progetto. Ho sviluppato anche un’azienda per il riscatto delle donne che soffrono di albinismo, doppiamente discriminate per la loro malattia”.

Il libro, in forma di romanzo autobiografico, non è la prima esperienza di scrittura per Michela, che collabora con un settimanale catalano, dove cura la pagina dedicata agli stranieri residenti in Spagna. Il ricavato della vendita sosterrà altre iniziative. “Ho in mente un progetto più duraturo per i bambini abbandonati in Senegal”. Il testo si trova nelle cartolibrerie Martini, Brunello e Zanatta di Volpago e anche alla 2M di San Pelaio. “Se dovessi sintetizzarlo, lo definirei come il racconto di tutto quello che ho imparato sul mondo della cooperazione, sulla società africana e la storia con i suoi problemi economico politici attuali” – Mirco Cavallin



lunedì 22 settembre 2025

Cosa ho imparato in 20 anni di volontariato in Africa

 

Se potessi parlare tanto credo che potrei riempire un’ora di discorso su questo tema. Ma voglio essere sintetica e veloce, cosí non vi stancate a leggermi.

Ho imparato in Africa che la vita è piú facile e piú piacevole se si condivide. In Africa uno non si sente mai solo, perché la societá è strutturata in modo tale che sia facilissimo farsi degli amici e contare su di loro. Gli africani sono estroversi, orientati al prossimo, e si aiutano tra di loro. L’individualismo è un concetto puramente occidentale

Ho imparato in Africa a non disperarmi mai per niente. Ho conosciuto le storie di tanti africani, a volte storie molto tristi , fatte di espedienti , di tecniche di sopravvivenza, di esistenze dure. Eppure non si sa come, e non si sa in base a quali concetti logici, sanno che, prima o poi, una soluzione la trovano. Si disperano, ma non affondano

Ho imparato in Africa il concetto di tolleranza. Sono stata sempre tollerata, sia quando ero contenta, di buon umore, e facile da trattare, sia quando ero arrabbiata, frustrata e cupa. Non mi hanno mai lasciata sola quando hanno visto la parte buia di me.

Queste sono i tre concetti che volevo farvi arrivare…. Volete leggerne altri?  Nel mio libro “Le Statue di Ebano” li racconto tutti.

Cercami in Facebook :  Voci d’Africa – Michela De Marchi – autrice del libro Le Statue di Ebano

Cercami in Instagram : Voci d’Africa – Michela – autrice del libro Le Statue di Ebano

Scrivimi qualcosa nei commenti o al mio email, aspetto con piacere qualsiasi cosa mi vorrai chiedere o dire!! 



martedì 16 settembre 2025

Come ho iniziato a fare volontariato in Africa

 Vi racconterò l’inizio della mia storia.... ma proprio gli albori, il primo insignificante dettaglio, che poi ha indirizzato per sempre le mie scelte. É strana la vita, da una piccolezza si arriva al significato di tutta una esistenza...

  Vivevo a Milano, e scesi un giorno le scale della metropolitana per arrivare ai treni. Non potevo immaginare che ci sarebbe stato un passo che avrebbe cambiato la mia vita per sempre. Vidi alla mia sinistra, appeso al muro delle scale, un cartello che invitava a una riunione informativa per dei progetti di volontariato in Asia e in Africa, e decisi di staccare la linguetta sul foglio che indicava un numero di telefono. 

Una volta a casa decisi di chiamare e poi partecipai alla prima riunione. Ne uscii meravigliata, impressionata, stanca di ascoltare ma con degli strumenti per riflettere e pensare, con tanta voglia di mettermi in gioco, con la sensazione che ci dovevo provare. 

Decisi così di seguire questo gruppo di persone, per vedere dove poteva portarmi tutto ció. Sono andata la prima volta in Africa con un gruppo di persone, e poi mano a mano ho trovato meno gente che voleva seguirmi, perché io ci andavo spesso, avevo in testa progetti sempre più chiari che volevo portare a termine, e ho trovato sempre meno persone disposte ad appoggiarmi, e cosi diventai autonoma e cominciai a disegnare e implementare i progetti in modo autonomo.  

Qui mi vedete con un gruppo di bambini, uno fra i collettivi di persone che ho piú ho voluto seguire.


E tutto è partito da un passo in metropolitana, e da un cartello arancione appeso al muro, da un pezzo di carta. Tutta la mia storia è raccolta nel mio romanzo “Le Statue di Ebano”: tutto ciò che scrivo nel romanzo è vero, corrisponde davvero a quello che, in tutti questi anni, ho dovuto affrontare. Racconto anche delle cadute, delle ferite, dei momenti cupi e delle lacrime che mi hanno fatto crescere in un percorso cosi complesso ma così appassionante che non mi sono mai pentita di aver fatto. Mi fareste molto felice se mi scriveste o chiedeste qualcosa, mi farebbe piacere condividere questa esperienza con tutti voi

giovedì 11 settembre 2025

Un'esperienza nel deserto


 

All'inizio di questo mese ho fatto un viaggio in Namibia, questa volta niente volontariato, solo un viaggio per scoprire e imparare. In questa foto mi vedete scalare una duna ! La Namibia é un paese che confina con il Sudafrica e si affaccia sull'Oceano Atlantico. È molto lungo e stretto (2000 km) e quindi riunisce una grande varietà di paesaggi. Un libro non basterebbe a descrivere l'intero viaggio e tutto ciò che questa esperienza ha potuto portarmi a livello emotivo e personale, ma mi concentrerò su un aspetto: il mio contatto con il deserto. Il deserto del Namib, dove sono stata, è il più antico del mondo. È un deserto di rocce, vegetazione bassa e piccole montagne. Ospita animali come antilopi e gnu e contiene una grande varietà di piante. Durante il giorno abbiamo guidato a lungo sul furgone che ha accompagnato tutto il gruppo a visitare il Paese, e davanti a me scorreva questa immensa distesa di terra, capace di farmi guardare verso l'orizzonte per cercare di toccarla. Il clima era secco e i colori erano brillanti e limpidi. A volte l'autista ci fermava nel mezzo della sua immensità per farci entrare in contatto con l'alta temperatura, capace di superare i 40 gradi durante il giorno, e percepire il silenzio assoluto. Ed era questo che mi affascinava di più: il deserto è una dimensione assoluta, come il mare, come una catena montuosa. È capace di farti immaginare quanto infinito possa essere lo spazio in assenza di tutto, quanto terribile possa essere il silenzio, quando ti costringe inevitabilmente a dialogare con te stessa, a parlare con te stessa attraverso immagini di una dimensione così grande da far sembrare minuscoli i tuoi problemi. Abbiamo dormito due notti in una tenda da campeggio nel mezzo di questa immensità, senza disconnetterci dalla natura, rimanendo attenti ai suoi messaggi, ai suoi rumori e apprezzando il tramonto con quella luce che solo il deserto sa dare. Dormire in tenda permette di osservare meglio la notte e di rendersi conto dell'infinità di stelle che, in totale assenza di luci artificiali, rendono il cielo una coperta luminosa. La sensazione di solitudine che ho provato durante quelle due notti è inspiegabile, una solitudine autentica, desiderata e reale, perché ero così lontana dal mio mondo, dall'inquinamento occidentale e dalla pressione umana. La notte africana, con la sua temperatura fredda, il suono del vento e il canto dei piccoli insetti disegna ricordi indelebili nella mente e dà speranza per un domani migliore. Tutte le mie avventure, gioie dolori di tanti anni di volontariato autonomo in Africa nel mio romanzo le Statue di Ebano. Contattami e portami con te, viaggeremo insieme in Africa



domenica 7 settembre 2025

Perché ho scritto Le Statue di Ebano?

 

Ho scritto Le Statue di Ebano perché ad un certo punto della mia esperienza in Africa ho sentito il bisogno di scrivere per raccontare, scrivere per ricordare, e scrivere anche per superare. Un amico anni fa mi disse che scrivere è terapeutico. E io ricordo che mi chiesi… “Addirittura?”  . Ora mi trovo a dover ammettere che quell’amico aveva ragione.

Scrivendo ci sentiamo importanti, ci sentiamo scrittori anche se non lo siamo, e quando sentiamo davvero qualcosa che ci tocca il sangue e le ossa sappiamo inspiegabilmente scrivere cosí bene da essere coinvolgenti.

Ho scritto le Statue di Ebano perché tanti passi fatti in Africa, tante energie , lavoro e tempo speso non fossero vani, ma perché riuscissero ad arrivare a tutti voi.

Ho scritto Le Statue di Ebano anche per ispirare chi, come me, sente che c’è bisogno di un mondo piú giusto, e vuole muovere i primi passi per raggiungerlo.

State con me e vi parlo della mia esperienza di 20 anni di volontariato in Africa , scrivetemi , mi farebbe tanto piacere leggere le vostre domande 😊

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Dietro le quinte della scrittura del mio libro Le Statue di Ebano

Il mio libro è nato in questa stanza, con una finestra aperta alla luce, un computer mini e una scrivania piena di cose. Ai muri alcune foto...